Friday, June 7, 2013

Mostra fotografica sui divani del Cairo: un successo!


Copyright Gianluigi Pala
Vorrei ringraziare tutti coloro che son venuti alla mostra: "NARRAMI, OH DIVANO, UN RACCONTO..." del 25 maggio. 
Per quanto mi riguarda, e' stata un successo soprattutto perche' e' stata in grado di raccogliere in un solo posto cosi' tante persone a me care e a farmene incontrare tante altre!

Le reazioni son state entusiasmanti e il sottofondo dei rumori tipi del Cairo (raccolti da amici) ha reso la mostra ancora piu' suggestiva!Soprattutto a sentire la chiamata alla preghiera in terra leghista ;)

Spero ci siano altre occasioni. In effetti, c'e' la possibilita' che la mostra approdi a Genova!



Vi ricordo che la mostra rimarra' esposta ancora per due settimane all'Arci Fuorirotta di Treviglio, Via delle Battaglie in provincia di Bergamo.

Ringrazio, inoltre, Gianluigi Pala per le bellissime foto scattatemi e per la recensione della mostra che potete trovare qui






Partendo dal presupposto che l'arte debba essere condivisa, pubblico volentieri l'introduzione alla mostra sui divani del Cairo.




IL CONTESTO SOCIO-URBANISTICO del CAIRO:

La popolazione del Cairo oscilla tra una cifra “ufficiale” di 17 milioni e una di credo popolare che la fa ammontare ad un improbabile 30 milioni. In continua espansione, il Cairo si alimenta della frenesia cittadina originando un vortice di caos nel quale, però, vi sono quartieri che hanno trovato il loro spazio-respiro vitale nell’informalità. Una realtà, quest’ultima, rafforzata dagli ultimi avvenimenti legati alla Primavera araba egiziana.

Il crollo delle strutture gerarchiche, prima, e della loro attuale instabilita’ ha creato una dimensione libertaria dalla quale si è sprigionata un’inimmaginabile ondata di creatività artistica, culturale e ideologica in tutta la capitale. Liberati da un governo dittatoriale che ha soffocato le loro aspirazione per anni, gli Egiziani hanno avviato un processo di ri-appropriazione degli spazi pubblici e d’autogestione dello spazio urbano .

Negli ultimi anni, i media hanno mostrato i fatti più eclatanti: scontri, morti e soprusi; ma così facendo non sono stati in grado d’intercettare il cambiamento più latente che, tutt’oggi, attraversa le strade cairote: la volontà collettiva di partecipare alla formazione della propria città – non solo attraverso cemento e mattoni – ma anche attraverso la creazione di nuove reti sociali e la condivisione dello spazio pubblico.

Un processo iniziato il 25 gennaio del 2011, quando migliaia di persone hanno occupato Midan Tahrir chiedendo le dimissioni di Mubarak (ottenute l’11 febbraio 2011). Nel giro di pochi giorni furono montate le tende, mentre sempre più persone confluivano in Tahrir fino ad arrivare ad un milione (si parlò di millioneyya). Un’esperienza di vicinanza unica per il Paese. La condivisione di uno spazio così ristretto permise agli Egiziani d’entrare in contatto con realtà fino ad allora poco conosciute. Almeno inizialmente la piazza divenne, a livello micro, una società in grado di funzionare senza alcuna imposizione dall’alto, basata sul mutuo soccorso e l’autogestione degli spazi.

In tale contesto socio-urbanistico s’inseriscono i divani di questa mostra, i quali hanno assunto un ruolo diverso da quello tradizionale. Se si pensa ad un divano, solitamente, lo si concepisce come un semplice pezzo d’arredamento d’interni. Al Cairo invece, trovandosi sparsi per la città, son mutati in beni d’uso comune e in punti d’incontro per passanti, famiglie e quartieri interi. Esprimono, dunque, la coesione sociale, il senso di collettività e la solidarietà che caratterizza la cultura egiziana.  Mostrano il piacere di stare in compagnia, la generosità nel condividere i bisogni, la disponibilità nel mutuo aiuto, il desiderio di essere sempre comodi e…infine…una tendenza ad essere un po’ ficcanaso.

Questi divani hanno perso la loro funzione originaria e son stati assimilati dal caos cittadino diventando elementi integranti dell’ambiente urbano.

I DIVANI DEL CAIRO – I raccontastorie

Questo progetto nasce nella Città dei Morti del Cairo nel 2012 in un’afosa giornata di metà maggio. Stanca di trascinare i piedi nella polvere sotto un sole ardente, quasi instintivamente, mi son seduta su un divano abbandonato sul ciglio della strada. Era consumato: i braccioli di legno erano instabili e la base completamente sfondata, ma aveva comunque adempito al suo dovere, quello di accogliere un’esausta passante in cerca di sollievo. In quell’istante ho iniziato a fantasticare e a chiedermi di chi potesse essere quel divano, da quanto tempo fosse lì, quante persone avesse accolto, di quanti eventi fosse stato testimone e quanti racconti avesse ascoltato! Avvolta nell’abbraccio del divano, la mia immaginazione comincio’ a galoppare creando una serie di personaggi, trame e avventure.

In realtà, era il divano stesso che mi stava narrando ciò che lui aveva assorbito dalle gocce di sudore d'avventurieri ai fugaci sospiri d'innamorati divisi e alle attese impazienti di viaggiatori in partenza. Mi narrava ciò che i più loquaci, una volta accomodati su di esso, avevano raccontato al vento, alle formiche, a un passante o al divano stesso in perenne ascolto. Tutti momenti che la polvere del divano aveva conservato affinché potessero essere tramandati a chiunque si fosse posto in ascolto.
Da quel momento in poi cominciai a concepire i divani del Cairo come i raccontastorie della capitale.

Ovunque essi siano posizionati: su un marciapiede, in una strada polverosa o in quella piazza, simbolo della rivoluzione che ha tenuto con il fiato sospeso il mondo intero, essi son destinati ad essere scenografie nelle quali partecipano attori inconsapevoli che liberamente entrano ed escono di scena, sollevando nell’osservatore interrogativi quali:

Dove ci troviamo?
            A chi appartiene il divano?
                                   Perché si trova lì? …

Tutte domande che, se rivolte ai divani stessi, trovane molteplici risposte.

Le foto non sono volutamente accompagnate da storie preconfezionate proprio per stimolare la fantasia e i sensi dello spettatore, incoraggiarlo a porsi in ascolto e, aiutandosi con i particolari scovati nelle foto, ad intavolare un dialogo silenzioso con il divano.

In questo viaggio verso l’altra sponda del Mediterraneo, i divani ci accompagneranno per le strade cairote sollecitando la nostra immaginazione e la nostra capacità d’ascolto.


Saturday, May 18, 2013

My first photo-exhibition - Cairo's sofas



Everyone is invited to my first photo-exhibition!It will take place on the 25th of May at Arci Fuorirotta in Treviglio (BG).

I WOULD LIKE TO THANK EVERYONE WHO SUPPORTED ME IN SO MANY WAYS IN THE REALIZATION OF THIS SMALL PHOTO EXHIBITION!

Those who shared with me the obsession for sofas while I was in Cairo, those who encouraged me to do this exhibition, those who believed in me when I diddn't and those who helped me economically!

THIS WOULN'T HAVE BEEN POSSIBLE WITHOUT ALL OF YOU!

It will certainly be a very exciting day, also cause my best firend will be singing during the exhibition. In fact, in the evening, the duo: Rebis will be playing for us. www.rebisofficial.it
Thanks to their mediterranean sounds we will be transported in Egypt.

YOU ARE ALL INVITED

Tuesday, February 12, 2013

Midan Tahrir, Piazza della Liberazione...non delle donne

Torno a scrivere su questo blog perche', dopo tanto tempo, ne sento nuovamente la necessita'. 

Dal 25 gennaio 2013 - secondo anniversario della rivoluzione egiziana - sono passate diverse settimane e forse vi siete chiesti come mai non abbia scritto nulla a proposito.
In realta', trovo solo ora la forza di scrivere di cio' che e' successo in quella piazza, quel 25 gennaio, cosi' diverso da quello che ho vissuto personalmente un anno prima.
Confesso che avevo bisogno di interiorizzare perche', al momento, la rabbia che ho provato nel leggere degli stupri di massa avvenuti durante i festeggiamenti non mi permetteva d'esprimermi come avrei voluto. E sinceramente, faccio ancora fatica.

Mentre in Midan Tahrir risuonavano slogan che domandavano maggior dignita' e giustizia...nella stessa piazza a 19 ragazze son state negate prima l'una e poi l'altra.

Vestiti strappati da dosso, mani sconosciute, diventate in poco tempo centinaia di mani che, con prepotenza ti afferrano, ti strattonano finche' non crolli a terra, sotto la pressione di quei corpi ansimanti e senti...senti le dita che affondano violentando la tua sessualita', il tuo intimo, la tua umanita'. 

"All I remember is hands all over my body, grabbing under the layers of pullovers I was wearing, touching my breasts, opening my bra. More hands on my back and legs, my pants being pulled down...) My empty han tried to pull my pants back up when I fel fingers inside my ass and shortly after in my vagina. I dropped my purse and pulled up my pants again, or I tried at least. Then more penetration with fingers from the front and the back."

"I felt something pointed and became really afraid. I realized one of them had something pointy and small, and was trying to insert it or use it to cut my pants. I was screaming and really choking and crying, I couldn't do anything. (...) They were pulling the kefayya around my neck and choking me and dragging me by it and I was choking, I couldn't breathe...In the midst of all that shoving my sweater had reached my neck and my chest was completely naked. Everyone around me was grabbing my breasts and one of them was trying to undo my belt and pull my pants off my body, so there wouls be a place for someone else to stick his hand. He stuck his hands in my pants and kept scratching me with his fingers, grabbing me really hard and hugging me and screaming "Leave her along you shitheads, leave her alone!" While he was screaming he was sticking all his fingers inside my pants (...)"

Le testimonianze integrali le trovate qui e qui

Episodi del genere non son nuovi al Cairo (ne avevo parlato in Escalation delle aggressioni sessuali al Cairo),gia' all'epoca si ipotizzava il tentativo, da parte delle forze politiche vigenti e di una certa porzione della societa' civile, di voler marginalizzare le donne affinche' non partecipassero al cambiamento socio-politico del Paese. Questo il rinconsocimento dopo che son state una forza inesauribile durante la rivoluzione, spesso combattendo in prima fila accanto agli uomini.

Ora piu' che un dubbio, e' una certezza. La metodologia con cui avvengono queste aggressioni non e' casuale, si tratta di interventi sistematici e premeditati eseguiti da gruppi di uomini coordinati tra di loro e il cui obiettivo e' abbattare la coscienza politica delle donne usando lo strupro come arma.
Applicano uno schema collaudato che sembra essere sempre lo stesso, come spiega Farah Shash, psicologa de "El Nadeem Centre" (centro che si occupa della riabilitazione delle vittime di tortura): 15-20 uomini circondano la vittima tenendosi per mano e aumentando di numero durante l'assalto, fino ad arrivare a 50 uomini. Si vengono a creare due cerchi, uno interno composto da uomini che palpano, molestano e assalgono la donna fino ad arrivare a spogliarla e stuprarla anche con oggetti; mentre il secondo fa da cordone protettivo impedendo agli uomini venuti in soccorso di raggiungere le vittime. 

Nonostante l'evidente emergenza sociale (83% delle donne ha confessato d'essere stata molestate almeno una volta nel corso della loro vita), le donne egiziane non si son fatte scoraggiare: la paura, infatti, sembra non aver frenato la loro volonta' di ricoprire un ruolo attivo nel percorso decisionale del proprio Paese.

L'impunita', tuttavia, rimane una questione che va risolta. Non e' un caso se questi uomini (caratterizzati da una spiccata codardia) attaccano in gruppo: cio' rende difficile la loro identificazione. Ma, anche quando questa avviene, le denunce cadono nell'oblio e non viene quasi mai preso alcun reale provvedimento. Questo disinteressamento della tutela delle donne non fa altro che incentivare le molestie sessuali, e a fomentare la convinzione che siano le donne stesse le colpevoli delle violenze subite (il solito deja'-va). Di certo e' ancora piu' grave quando e' un'istituzione come il Comitato dei Diritti (dis-)Umani del Consiglio della Shura ad esprimersi in questo senso. L'11 febbraio 2013, il Comitato si e' espresso rispetto agli eventi accaduti a Tahrir sostenendo che le donne, consapevoli del pericolo che correvano in piazza, dovevano assumersi le proprie responsabilita' e ha fatto riferimento a casi di prostituzione avvenuti durante i festeggiamenti, ovviamente inesistenti. 


La taharosh
No alle molestie
Per fortuna, l'assenza dello Stato e' colmata dalla presenza di iniziative civili guidate da una rete di ONG Operation Anti-Sexual Harassment (comunicato ufficiale), unitesi con l'obiettivo specifico di combattere le molestie sessuali. Son state create delle ronde di volontari il cui scopo e' pattugliare soprattutto l'area di Tahrir e proteggere le ragazze da possibili aggressioni. Il loro lavoro prevede sia la prevenzione attraverso il monitoraggio che l'aiuto alle vittime. Tra queste organizzazioni Banat Misr Khatt Ahmar (Le Ragaze Egiziane sono la Linea Rossa) si occupa anche della riabilitazione dei molestatori affinche' quest'ultimi siano in grado di sensibilizzare altri uomini.


Vi lascio con questo video angosciante: Tahrir, woman assaulted - gang rape




Your mother and your sister know exactly how every girl u harass feels.


ps. Oggi ci e' stata la protesta mondiale contro le molestie sessuale subite alle donne egiziane

Tuesday, October 2, 2012

Pleasure with style - so sensual, so safe...

Sta facendo parecchio scalpore questo cartellone in shari3 Shaima che pubblicizza preservativi.

Ben vengano pubblicita' dedicate ai contraccettivi, ma in un Paese in cui le elezioni sono state vinte dai Fratelli Musulmani e dove il sesso e' ancora un taboo, non ci si aspettava di imbattersi in un mega-cartellone del genere :)

Spero sia solo l'inizio di una campagna di sensibilizzazione verso il sesso e la protezione contraccettiva dal momento che, secondo l'UNICEP, una stima di 11.000 egiziani hanno contratto l'AIDS. 1,540 i ragazzi tra i 15 ed i 24 anni.

Per ulteriori informazioni: HIV AIDS Egitto



in arabo c'e' scritto: cosi' sensuale, cosi' sicuro...

Thursday, September 6, 2012

Curiosita' linguistiche (3) - Roba bikya! Roba bikya!

Se vivi al Cairo e' molto probabile che la mattina tu venga svegliato dalla gracchiante voce di un rigattiere che a squarciagola urla: "Roba bikya!Roba bikya!"
(video:  Roba Bikya!)

Roba bikya...Roba bikya...
Roba vecchia!Ma e' italiano!Eh gia'!Com'e' possibile?



La famiglia d'Aleo prima di partire per l'Egitto
Gli Italiani d'Egitto sono sempre stati una comunita' consistente tant'e' che, nell'epoca pre-Nasseriana, rappresentavano il terzo gruppo etnico del Paese. 

Durante la Seconda Guerra Mondiale le condizioni economiche e sociali spinsero molti Italiani ad abbandonare la patria alla ricerca di prospettive future migliori. Ci fu una massiccia emigrazione verso l'Egitto che, all'epoca, non partecipando alla guerra possedeva maggiore stabilita'.

L'inizio di una vita nuova in un Paese straniero non e' sempre semplice. Coloro che non avevano una preparazione specialistica dovettero arrangiarsi e alcuni di loro si improvvisarono rigattieri. Lavoro che, in seguito, fu ereditato dagli Egiziani i quali storpiarono leggermente lo "slogan" iniziale. Per cui nel tempo Roba vecchia! divenne Roba bikya! termine con cui viene indicato il mestiere stesso.

Potete immaginare il mio disorientamento quando, durante le mie vacanze in Calabria (giusto qualche giorno dopo il mio rientro), sono stata svegliata dall'urlo sgrazziato di un rigattiere: "Roba vecchia, roba vecchia!".
Per un attimo ho pensato di essere ancora al Cairo, ma non capivo come mai la stanza non fosse quella del mio appartamento.


Il contributo che gli Italiani apportarono all'Egitto dal punto di vista archittetonico, artigianale, industriale e' visibile. A questo proposito suggerisco la visione di questo documentario: The Italians of Egypt - documentary

La famiglia Santoro alle piramidi

Monday, August 6, 2012

Sofa culture in Middle East - un progetto a lungo termine

Sofa culture in Midan Tahrir di fronte al Mogamma


Questo e' un progetto fotografico che intendo portare avanti negli anni avvenire: Sofa culture in Middle East

E' nato tutto un po' per caso. Durante i miei viaggi in Medio Oriente ho sempre notato la presenza dei divani per strada ma non li ho mai considerati parte della cultura ospitante finche' non ho iniziato a fotografarli e.....ora sono diventati la mia ossessione.

Che sia a piedi o in 3rabeyya (qualsiasi cosa a 4 ruote che si muove), ormai, instintivamente scruto tra le viuzze alla ricerca di un nuovo esemplare da fotografare. Appartenenti all'ambiente urbano, non sono semplici elementi d'arredamento: esprimono la natura estroversa degli arabi i quali sono socievoli, accoglienti e..diciamocelo, un po' ficcanaso.

Avendo iniziato questo progetto qui, al Cairo, per ora c'e' solo la sezione Cairo.

Se per favore potete darmi il vostro feedback sul progetto, ve ne sarei molto grata!


Un cane ronfa beatamente su un sofa nella
Citta' dei Morti

Monday, July 30, 2012

Esplorare il Cairo, una foto alla settimana (2) - La Garbage City

Mansheyya Nasr - Garbage City
dove avviene il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti
del Cairo


Mansheyya Nasr puo' essere considerata una delle aree piu' importanti per il Cairo: e'  laddove avviene il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti dell'intera megapoli. Gli agenti informali di tale processo sono gli Zabaleen (zibela in egiziano significa spazzatura). 

Agli inizi del 20simo secolo, un gruppo di immigrati, originari da un'oasi chiamata Daklha, si sono stanziata nella periferia del Cairo. Questa comunita': i wayiha (sarebbe a dire gli uomini dell'oasi) si occupavano principalmente della raccolta della spazzatura del Cairo. Questa veniva raccolta, riutilizzata e venduta nuovamente.

Tuttavia, negli anni 30' e 40', apparve un altro gruppo di raccoglitori informali: gli Zabaleen. Quest'ultimi, in maggioranza Cristiani, colpiti dalla crisi economica di quegli anni, decisero di immigrare dall'Egitto meridionale verso il Cairo. Una volta arrivati a destinazione, si stanziarano nell'area di Mansheyya Nasr sulle pendici della collina Mokatam. Inizialmente si limitarono a raccogliere rifiuti organici cosi' da poter sfamare i maiali, i quali erano la loro fonte di sostentamento principale. In un secondo momento, cominciarono ad assumere lo stesso ruolo degli Wahiya.

Fino al 1990, gli Zabaleen si recavano alle singole abitazioni per raccogliere la spazzatura con carretti trainati da asinelli. Ma dal 1990 in poi, i carretti furono vietati e sostituiti da camion mecanizzati voluti principalmente dall'agenzia CCBA (Cairo Cleansing and Beautification Authority). 

Nonostante l'inevitabile processo di modernizzazione e gli ostacoli imposti dalle istituzioni, gli Zabaleen sono stati in grado di sviluppare un sistema molto efficiente per il riciclaggio e smaltimento dei rifiuti.
Molti studi hanno dimostrato che gli Zabaleen sono in grado di recuperare l'80% dei materiali: plastica, rifiuti organici, vetro, metallo, carta, tessuti... Un'ottima percentuale se la si paragona al lavoro svolto dagli agenti formali, pubblici e/o privati, i quali riescono a recuperare solo il 20% dei materiali.

E' innegabile l'importanza di questo quartiere per Om al-Dunya, ma bisogna sottolineare il fatto che gli Zabaleen lavorano in condizioni inadeguate:


  • la maggiorparte delle famiglie raccolgono la spazzatura in casa creando un ambiente malsano,
  • non si fa attenzione al trattamento di sostanza tossiche, industriali o sanitari, pericolose per la salute umana,
  • ed infine, non ci si preoccupa minimanete delle conseguenze ambientali.

Friday, July 20, 2012

Perche' il sesso e' un taboo, ma il viagra....



Perche' il sesso  e' tabu' qui, ma pubblicizzare il viagra assolutamente no.

- Da dove arriva tutta questa "piacevolezza"
- Dalla farmacia, a 10 ghinee

Mi fa morire dalle risate...oooh Cairo. Quante contradizioni.


Cause sex is a taboo here, but advertising viagra is the most normal thing ever.

- Where did all this "pleasantness" come from?
- From the pharmacy with 10 ghinee

It's hilarious...oooh Cairo.So many contradictions.


Sunday, July 15, 2012

Il mio fotoreportage su Shoot 4 Change


Per leggere il fotoreportage sulla vincita di Morsy cliccare qui

Sono molto contenta per l'opportunita' che mi e' stata data, piu' che altro perche' Shoot 4  Change e' un'organizzazione che rispecchia la mia concezione della fotografia.

Per saperne di piu': Shoot 4 change

Per vedere altre foto dell'evento storico: Photoblog Rihla saida: From Egypt to Palestine and back

Saturday, July 14, 2012

Verginity Test by Dania Gharaibeh



You couldn't find the fear you sought in my eyes
So you spread my legs to see if you can find it in my vagina
What did you see in there?
Did you hear the screams of those you tortured?
Did you hear the souls of those you murdered?
Did you see my vagina stare right in your eyes and tell you to go fuck yourself?
Did you see my dream of a better life in its first trimester?
Did you see how resilient it is?
Did you see the sun of a brighter tomorrow shining from it?
I bet you couldn't look right into its bright light!
What did you see in there?
Did you feel it when my pussy curled its lips and spat in your face?
Pushing through the soft tissues and the discharge
Did you take a sneak peak at what's to come your way?
Did it scare you?
Did you see justice in there?
Did you seehow my uterus took the shape of a balanced justice scale with truth on one side and fairness on the other?
Did you honestly think you were humiliating me?
Violating me?
Ohhh you are mistaken my pathetic dear!
There is nothing in the world I wanted more than you to see the rage in me
And there is no better place to see it than deep down where you were looking


Traduzione in italiano:

Non sei riuscito a trovare nei miei occhi la paura che cercavi
Quindi mihai allargato le gambe per vedere se potevi trovarla nella mia vagina
Che cosa ci hai visto la' dentro?
Hai sentito le urla di coloro che hai torturato?
Hai sentito le anime di coloro che hai ucciso?
Hai visto la mia vagina guardarti dritto negli occhi e dirti di andare a farti fottere?
Hai visto il mio sogno di una vita migliore nel suo primo trimestre di gravifanza?
Hai vissto come sa addattarsi?
Hai visto il sole di un domani piu' luminoso brillare da essa?
Scommetto che non potevi guardare dritto dentro la sua luce!
Che cosa ci hai visto la' dentro?
Ti sei accorto quando la mia fica ha chiuso le labbra e ti ha sputato in faccia?
Spingendo attraverso i tessuti molli e le mie secrezioni
Hai dato n'occhiata a quel che ti accadra'?
Ti sei spaventato?
Hai visto la giustizia la' dentro?
Hai notato come il mio utero abbia la forma di una giustizia equilibrata con la verita' su un lato ed l'equita' sull'altro?
Hai davvero pensato di umiliarmi?
Di violarmi?
Ohhh ti sbagli mio caro patetico!
Niente al mondo desideravo di piu' che mostrarti la mia rabbia
E non c'e' posto migliore che vederla che la profondita' in cui tu guardavi

Grazie per la collaborazione, Francesco Puglia :)

Post correlato: I graffiti della rivoluzione egiziana (2): Samira Ibrahim